Una dipendente ospedaliera viene sottoposta a
procedimento penale per il reato di falso materiale in atto pubblico (art. 476,
c.p.) per aver apposto, a distanza di molto tempo, una dicitura specificativa
su una cartella clinica relativa all'esito di un esame della quale il paziente
non era stato notiziato.
Per la Cassazione integra il reato di falso in atto
pubblico l'annotazione «ora per allora»
apposta sulla cartella clinica del paziente, essendo del tutto irrilevante la
veridicità del contenuto della modifica. La cartella clinica rappresenta un
vero e proprio "diario" contenente tutti i fatti clinici correlati
alla malattia del paziente, perciò la falsità punibile si estende anche alle
annotazioni effettuate in un momento successivo senza una valida ragione.
Non può
dubitarsi, infatti, della natura di atto pubblico della cartella clinica
redatta dal medico di una struttura sanitaria pubblica, in ogni parte di essa, costituendo
atto pubblico munito di fede privilegiata, con riferimento alla sua provenienza
dal pubblico ufficiale e ai fatti da questi attestati come avvenuti in sua
presenza; l'atto adempie alla funzione di diario della malattia e di altri
fatti clinici rilevanti.
Ne consegue che la fede pubblica, costituente il bene
giuridico protetto dalla norma incriminatrice in questione, viene ad essere lesa anche quando,
indipendentemente dal contenuto dell'atto pubblico, non vi sia corrispondenza
tra l'effettivo "iter" di formazione del medesimo atto e quello che
appare dal suo aspetto grafico, dandosi luogo anche in tale ipotesi alla falsa
rappresentazione di una realtà giuridicamente rilevante.
Sulla basi di tali considerazioni si afferma il
principio per cui "sussiste il reato di falso ogni qual volta si
intervenga con modifiche su di un atto già definitivamente formato, pur quando
l'intento dell'agente sia quello di renderne il contenuto conforme al vero. Se
così è, ne deriva che la coscienza e la volontà di operare un tale intervento
non può non equivalere a quella di realizzare una diretta, effettiva e
riconoscibile lesione proprio del bene giuridico protetto dalla norma, a nulla
rilevando che, per mero errore di diritto circa la effettiva portata della
norma medesima, di detta lesione il soggetto possa non avere piena
consapevolezza".
I dati del paziente oltre che corrispondenti al vero,
devono essere annotati nello specifico momento in cui rilevano; la cartella,
infatti, acquisisce carattere definitivo in relazione ad ogni singola annotazione
"ed esce dalla sfera di disponibilità del suo autore nel momento stesso
in cui la singola annotazione viene registrata".
In conclusione, il reato di falso materiale è
integrato non solo quando il contenuto delle annotazioni non corrisponde al vero,
ma anche quando sussista una mancata corrispondenza tra l'iter di formazione
dell'atto e ciò che traspare dal suo aspetto grafico, posto che, anche in
questo caso, si pone in essere una falsa rappresentazione di una realtà
giuridica, né innocua né grossolana.
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