La cd. sub-mediazione ricorre allorché il mediatore incaricato fa svolgere ad altri – submediatore - in piena autonomia l’attività oggetto del suo incarico.
In tal caso si è affermato che tra l’attività del mediatore incaricato e la conclusione dell’affare non sussiste il nesso di causalità, o meglio che lo stesso è interrotto, nel senso che i rapporti vanno tenuti rigorosamente distinti: nessun diritto «può essere ipotizzato tra il titolare del subdiritto e l’originario dante causa, restando interposta tra detti soggetti la figura di colui che ha costituito il subdiritto, salva l’eccezionale facoltà (prevista in tema di locazione ma estendibile a tutti i casi di subcontratto) attribuita al solo originario dante causa, di agire per la tutela dei suoi diritti originari direttamente nei confronti del titolare del sub diritto – senza che tuttavia quest’ultimo sia a sua volta legittimato ad agire nei confronti del primo dante causa anziché di colui che gli ha trasmesso il subdiritto»[1].
In altre parole, mentre alla parte che in origine ha dato incarico al mediatore spetta - in applicazione analogica dell'art. 1595 c. c. previsto in tema di locazioni - la facoltà di agire per la tutela dei suoi diritti anche nei confronti del submediatore, l'obbligo invece di corrispondere a quest’ultimo la provvigione resta a carico del solo mediatore che direttamente gli ha conferito l'incarico, esulando tale fattispecie dall’ipotesi prevista dall’art. 1758 c.c. (che riguarda il caso diverso di più mediatori incaricati dalla medesima parte).
Sicché, se da un lato il submediatore può chiedere il compenso non alle parti ma solamente al mediatore da cui ha ricevuto l’incarico, d’altro canto egli continua ad essere tenuto nei confronti delle parti anche alle obbligazioni di informazione, di comunicazione e di avviso derivanti dall'art. 1759 c.c., sempre che di tale norma sussistano le condizioni di applicabilità in relazione alle circostanze a lui note.
Va evidenziato, tuttavia, che tale argomentazione si basa su una concezione strettamente “contrattualistica” della mediazione che, per ovvie ragioni, rimarrebbe priva di senso ove si intendesse la mediazione non come negozio giuridico, bensì come mera attività materiale del mediatore (la messa in relazione di due o più parti) da cui la legge fa scaturire il suo diritto alla provvigione (a condizione della conclusione dell’affare) nei confronti «di ciascuna delle parti» e solo «per effetto del suo intervento», “quale appunto conseguenziale alla sua neutralità ed imparzialità nel metterle in relazione” [2].
In tal caso, infatti, se è effettivamente il sub-mediatore a mettere in contatto le parti, nel senso che è a lui che si deve la «messa in relazione» delle medesime, significa che l’attività “giuridica in senso stretto”, da cui la legge fa sorgere l’obbligo di pagare la provvigione per i soggetti che poi concludono l’affare, è stata compiuta da lui e lui soltanto, mentre il primo mediatore incaricato altro non è che una figura assimilabile a chi ha semplicemente segnalato l’affare.
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