Alzheimer,
retta della casa di cura a carico del Ssn
Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.13714 del 18/05/2023
In data 3 dicembre 2007 A.A. presentava domanda di
ricovero alla Casa di Riposo (Omissis) per la propria moglie B.S., invalida al
100% ed affetta anche dal morbo di Alzheimer. Nella circostanza la casa di
riposo faceva sottoscrivere al marito ed al figlio A.G. della B. l'impegno
"a provvedere personalmente al pagamento di quanto dovuto", e cioè al
pagamento della retta pari a circa 1500 Euro.
Nel mese di aprile 2013 A.A., per il tramite del
figlio, inviava una missiva alla Casa di Riposo nella quale dichiarava di
revocare l'impegno assunto nel dicembre 2007.
Su ricorso della Casa di Riposo, con decreto n.
5979 del 27 dicembre 2013, il Tribunale di Padova ingiungeva ai due A. (padre e
figlio), quali soggetti coobbligati, il versamento della somma di Euro 9.424,54
a titolo di pagamento delle rette del ricovero erogato a favore della B.
Padre e figlio, soccombenti nel primo e secondo grado del giudizio, ricorrono alla Suprema Corte la quale, con l’ordinanza in epigrafe, accoglie il ricorso affermando che l'attività prestata in favore di soggetto gravemente malato di Alzheimer ricoverato in istituto di cura è qualificabile come attività sanitaria ed è quindi a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
La Suprema Corte ha precisato che in presenza di tali gravi patologie non possibile scindere la quota di natura sanitaria dalla componente alberghiero-assistenziale, stante la loro stretta correlazione, con netta prevalenza delle prime sulle seconde.
Di conseguenza, non è possibile recuperare i costi
delle prestazioni di assistenza fornite dal Comune attraverso un'azione di
rivalsa nei confronti dei parenti del paziente.
I giudici hanno aggiunto che per valutare la
prevalenza della componente sanitaria sulla componente assistenziale, non si
deve far riferimento alle caratteristiche dell'istituto di cura in cui il
paziente è ricoverato, ma alle condizioni del paziente stesso.
Pertanto, non è rilevante se era stato concordato o
previsto un piano terapeutico personalizzato per il paziente, né se tale piano
è stato correttamente attuato in linea con gli impegni assunti nei confronti
del paziente o dei familiari al momento del ricovero.
Ciò che è rilevante, secondo la Corte, è che esista un
piano terapeutico personalizzato necessario per il paziente, considerando la
sua condizione medica, l'evoluzione della malattia al momento del ricovero e la
prevedibile evoluzione successiva della malattia.
In particolare, per i pazienti affetti da Alzheimer, è
necessario che ci sia un trattamento sanitario strettamente correlato
all'assistenza, finalizzato a rallentare l'evoluzione della malattia e a
limitare la sua degenerazione, specialmente nei casi più avanzati, che possono
comportare comportamenti autolesionistici o potenzialmente dannosi per terzi.
Fonte: https://www.misterlex.it/cassazione-civile/2023/13714/