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mercoledì 3 giugno 2020

Insidia Stradale - Tombino danneggiato


Affetta da handicap deambulatorio porta a spasso i cani e cade nel tombino: l’Ente proprietario non deposita la videoregistrazione del sinistro ed è condannato a risarcire i danni.

Il Fatto: nella tarda sera del 27.10.15 una cittadina tedesca, pur affetta da vari deficit impedienti un’agevole deambulazione, decide di portare a spasso i propri cani lungo una pista ciclopedonale in Trieste, a pochi passi dalla propria abitazione. Ad un tratto inciampa in un tombino il cui coperchio era danneggiato al punto da risultare quasi mancante, in tal modo cadendo a terra e subendo molteplici lesioni alla propria persona, oltre a danni al vestiario ed agli effetti personali che recava con sé.

Nessuno assisteva all’accaduto.

Veniva in particolare riscontrato, tramite visita medica, un trauma cranico-facciale con lesioni dentarie, amnesia retrograda e trauma da difesa alla radio carpica sinistra con frattura, oltre a  patologie post-traumatiche quali sindrome da dolore cronico regionale al polso sinistro, esiti di frattura del radio sinistro distale, edema all’arto superiore sinistro, rigidità al polso sinistro e sindrome dolorosa cronica.

L’Ente proprietario della pista, convenuto in giudizio, eccepiva il difetto di prova dell’evento e del nesso causale tra l’asserito incidente e le lesioni riportate (anche alla luce dei controlli effettuati dal personale dell’Amministrazione nelle giornate precedenti l’incidente, i quali non avevano riscontrato nulla di anomalo sul tratto di percorso, nonché dell’assenza di segnalazioni da parte di terzi); contestava inoltre, ai sensi dell’art. 1227 c.c., il concorso di colpa della danneggiata la quale, pur presentando un quadro di salute connotato da notevole precarietà, si era recata nondimeno a passeggio, sola, in tarda ora autunnale.

La Corte triestina, in applicazione dell’art. 2051 c.c. secondo cui “ciascuno è responsabile delle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”, ha invece ritenuto provati tanto il verificarsi della caduta nonché il nesso causale tra questa ed i danni riportati.

Il quadro probatorio su cui poggia la pronuncia è costituito sia dalle dichiarazioni testimoniali (i testi hanno concordemente confermato che la danneggiata aveva loro riferito, nei giorni immediatamente successivi, in ordine alla propria caduta, imputandone la causa al tombino difettoso), sia dalla consulenza tecnica d’ufficio (che ha concluso nel senso della piena compatibilità tra gli esiti della lesione e la dinamica riferita), sia, infine, dalla circostanza che l’Amministrazione evocata in giudizio non ha depositato la videoregistrazione del luogo dell’incidente ordinata con ordinanza in corso di causa su istanza dell’attrice.

Viene anche respinta la tesi del concorso di colpa della danneggiata per essersi messa a camminare - da sola e di notte - malgrado il suo deficit deambulatorio. Secondo il Tribunale, infatti, ciò non può certamente di per sé solo escludere il nesso causale tra l’evento ed il danno, pena il voler considerare comportamento diligente, da parte di un portatore di handicap, il non attendere ad attività che rientrano nella assoluta normalità per il resto della popolazione, come, nel caso di specie, uscire per una passeggiata serale.

In conclusione, con sentenza n. 231/2020 del 05.05.2020 il Tribunale di Trieste condanna la Regione Friuli Venezia Giulia (nel frattempo subentrata alla Provincia di Trieste nella gestione della pista ciclopedonale) a pagare alla danneggiata i danni patrimoniali e non patrimoniali, liquidati rispettivamente in euro 5.803,32 (oltre rivalutazione dalla data del sinistro) ed euro 9.795,55, oltre al rimborso delle spese di causa.

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