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venerdì 4 marzo 2011

Il risarcimento del danno da sinistro stradale in base al solo preventivo: va rimborsata anche l’I.V.A.

Capita che il danneggiato in seguito a sinistro stradale non intenda far riparare subito l’autovettura e chieda il risarcimento del danno subìto non tramite l’esibizione della fattura relativa alle riparazioni eseguite, bensì in base al mero preventivo di spesa nel quale sono specificate le singole operazioni da eseguire, le parti da sostituire con i relativi prezzi e le ore di lavoro necessarie.

In tal caso, il più delle volte, si sentirà opporre dalla compagnia tenuta al risarcimento che, pur non essendo in contestazione la stima del danno come evidenziata nel predetto documento, l’IVA non verrà tuttavia rimborsata perché, non essendo stata fatta riparare l’auto, il danneggiato non l’ha versata.

Si tratta di un ragionamento basato sull’erronea convinzione che il danneggiato debba effettivamente destinare all’eliminazione del danno la somma dovutagli, cosa che i giudici - in applicazione dei principi generali del risarcimento del danno -  hanno invece costantemente escluso.

La giurisprudenza è infatti stata sempre molto chiara nell’affermare che, una volta determinata l’entità della prestazione, non è consentito subordinare la condanna al risarcimento alla condizione che il danneggiato utilizzi effettivamente la somma a lui assegnata per eliminare il danno.

Il creditore, una volta ottenuta la completa reintegrazione dell’intero suo patrimonio, ben può disporre dell’importo ricevuto nel modo che ritiene più opportuno, restando in ogni caso liberati i soggetti obbligati al risarcimento[1].

Ancora, più esplicitamente, si è affermato che il risarcimento del danno da fatto illecito ha la funzione di porre il patrimonio del danneggiato nello stesso stato in cui si sarebbe trovato senza l’evento lesivo e quindi trova presupposto e limite nell’effettiva perdita subita da quel patrimonio in conseguenza del fatto stesso, «indipendentemente dalle spese o esborsi materialmente effettuati o da poter effettuare[2]».

In applicazione di tali principi si è sempre proceduto a cassare la decisone di merito che avesse escluso il rimborso dell’IVA sostenendo la mancata prova della certezza dell’avvenuto pagamento della stessa.

Esemplare è il caso in cui il ricorrente lamentava, giustamente, che, essendo il danneggiato obbligato per legge a rivolgersi ad un riparatore iscritto in apposito registro, il quale a sua volta dovrà emettere fattura richiedendogli l'importo dovuto per IVA, è certo che il danneggiato (salvo il caso in cui, per l'attività svolta, abbia diritto al rimborso o alla detrazione dell'IVA versata) sopporterà il relativo onere, integrante un danno del quale deve essere tenuto indenne.

Inoltre, erroneamente il giudice di secondo grado aveva fondato la propria decisione sul rilievo che il danneggiato non aveva provato di aver sostenuto il relativo costo, giacché sarebbe stato allora paradossalmente coerente che nulla gli fosse riconosciuto neppure per il danneggiamento dell'autoveicolo, essendo pacifico che le riparazioni non erano state ancora effettuate!

La Corte, nell’accogliere il ricorso e cassare la sentenza di merito, ribadisce l’orientamento secondo cui non essendo nella specie il danno stato determinato con riguardo alla perdita di valore del bene o alla diminuzione delle utilità economiche che esso è idoneo a procurare, bensì alle spese necessarie per eliminarne le conseguenze, fra le quali si annoverano anche quelle di natura fiscale, non evitabili dal creditore in relazione alle disposizioni di legge vigenti, ne consegue che, una volta che il danno sia liquidato in riferimento alle spese che il danneggiato dovrà affrontare per eliminare le conseguenze pregiudizievoli dell'illecito (nella specie riparazione, non ancora effettuata, di un autoveicolo), l'obbligazione risarcitoria si estende anche agli oneri accessori e conseguenziali, e dunque anche a quello del rimborso dell'IVA cui il danneggiato è tenuto nei confronti del riparatore, obbligato per legge ad addebitarla al committente, a titolo di rivalsa, ai sensi dell'art. 18, d.P.R 26 ottobre 1972, n. 633[3].

Si tratta di un principio assolutamente costante in giurisprudenza[4], che risulta tuttavia sistematicamente ignorato dai liquidatori delle compagnie assicuratrici in sede di trattativa per la definizione del danno.


[1] Cass. n. 1264/1979.
[2] Cass. n. 7389/1987; Cass. n. 9740/2002 in Giur. It., 2003, luglio, 1356.
[3] Cass. n. 10023/1997;  v. anche Giudice di pace Ancona, 9.9.1998 in Riv. Giur. Circolaz. e Trasp., 1999, 393.
[4] Ribadito recentemente anche da Cass. 27.1.2010, n. 1688 (che cassa e decide nel merito, Trib. Taranto, 10.2.2005).

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