Cerca nel blog

venerdì 22 aprile 2011

Società cancellata dal Registro delle Imprese non agisce in giudizio: possono farlo i soci ?


La risposta della Corte (Cass. 16.07.2010, n. 16758) è negativa: In caso di cancellazione di una società di persone dal registro delle imprese, i  singoli soci non sono legittimati all’esercizio di azioni giudiziarie la cui titolarità sarebbe spettata alla società, ma che questa ha scelto di non esperire sciogliendosi e facendosi cancellare dal registro.

Il fatto che la società sia stata posta in liquidazione decidendo di non intraprendere una certa azione giudiziaria, lascia presumere, in sostanza, la volontà della società di rinunciare all’azione.

Ne consegue che non vi è alcuna posizione giuridica che possa essere trasmessa ai soci i quali non sono legittimati ad agire in giudizio in luogo della società estinta.

Si tratta di un’altra conseguenza della nota pronuncia a sezioni unite della Corte di Cassazione (sentenza 22.02.2010 n. 4062) secondo cui le società, anche quelle di persone, si estinguono definitivamente con la cancellazione dal registro delle imprese per effetto della riforma del diritto societario, introdotta dal D. Lgs. n. 6/2003.

Come è noto a decorrere dal 1° gennaio 2004 la norma di riferimento (già contenuta nell’articolo 2456 del codice civile) è costituita dall’articolo 2495 che contiene la nuova disciplina in tema di cancellazione delle società (di capitali e cooperative) dal registro delle imprese.

In particolare l’art. 2495 c.c., benché non faccia alcun riferimento alle società di persone, al secondo comma antepone al vecchio testo, che prevede le azioni dei creditori insoddisfatti nei confronti di soci e liquidatori, la locuzione “ferma restando l’estinzione della società”, sicché esigenze di “garanzia della parità di trattamento dei terzi creditori di entrambi i tipi di società” avrebbero imposto l’affermazione della vigenza nell’ordinamento del diverso generale principio che la cancellazione dal registro imprese comporta l’estinzione della società.

Ora, se la cancellazione della società di persone dal Registro delle imprese ne determina l’estinzione, resta aperto l’interrogativo sulla sorte degli eventuali rapporti ancora pendenti e sulla legittimazione attiva e passiva rispetto a tali rapporti pendenti.

E’ noto che prima dell'introduzione della riforma, sulla base della concorde giurisprudenza di legittimità, costituiva ius receptum che l’atto formale di cancellazione di una società dal registro delle imprese aveva funzione di pubblicità e non ne determinava l’estinzione, ove non fossero ancora esauriti tutti i rapporti giuridici facenti capo alla società stessa.

Conseguentemente, fino a tale momento, permaneva la legittimazione processuale in capo alla società e doveva escludersi, anche con riferimento alle successive fasi d’impugnazione, che, intervenuta la cancellazione, il processo già iniziato dovesse proseguire nei confronti o su iniziativa delle persone fisiche che la rappresentavano in giudizio o dei soci.

L'orientamento giurisprudenziale, in sintesi, era favorevole ad un’interpretazione del Codice che disponeva per la prosecuzione della capacità giuridica e della soggettività delle società commerciali anche dopo la cancellazione dell’iscrizione nel registro delle imprese e dopo il loro scioglimento e la successiva liquidazione del patrimonio sociale.

Tale orientamento, che si basava sul 2° comma dell’art. 2312 c.c. (norma che disciplina tuttavia la sola responsabilità per i debiti sociali che eventualmente ancora esistano o sopravvengano, affermando espressamente che i creditori possono agire nei confronti dei singoli soci illimitatamente responsabili, mentre nulla invece dispone il codice per le eventuali sopravvivenze o sopravvenienze attive) garantiva soprattutto i creditori con l'affermazione del permanere di una soggettività ridotta e di una limitata prosecuzione della capacità processuale della società la cui iscrizione era stata cancellata.

L’interrogativo sulla sorte degli eventuali rapporti ancora pendenti e sulla legittimazione attiva e passiva rispetto a tali rapporti pendenti, trovava quindi la soluzione nell’art. 2312 c.c. e si sosteneva pertanto che i soci, “ereditando” le posizioni attive e passive facenti capo alla società, erano dunque legittimati altresì ad agire per la tutela dei diritti che facevano capo all’ente ormai estinto a seguito della cancellazione.

Oggi, atteso il principio pacifico che tutte le società, anche quelle semplici o di fatto, sono soggetti distinti dai soci, il dictum che alla cancellazione della società dal registro delle imprese ne consegue l’estinzione – visto il silenzio della legge sulla sorte dei rapporti  attivi - porta ad escludere che con riguardo a questi ultimi vi possa essere una qualunque successione.

Dal punto di vista logico, nel fatto della cancellazione/estinzione si ravvede piuttosto la volontà  tacita della società di abdicare ai suoi diritti residui.

Afferma infatti la Corte: «certamente un successore può esercitare un’azione spettante al suo dante causa, ma non in presenza di un pregresso comportamento di costui inequivocabilmente inteso a rinunciarvi, giacché in tal caso è venuto meno l’oggetto stesso dell’ipotizzata trasmissione successoria».


Nessun commento:

Posta un commento